Cari scrittori emergenti,
dal giorno in cui avete iniziato a mettere una parola davanti all’altra, avete creato un nuovo mondo.
Sentite come suona bene, voi siete creatori di mondi.
Forse vi siete sentiti soli un giorno e avete creato dei personaggi che vi facessero compagnia. Forse avete creato figure che rappresentassero voi stessi per capire chi siete davvero. O magari volevate inscenare eventi che avete vissuto o che avreste voluto vivere.
D’altronde, basta aprire un libro per trovare tutto questo. Ci sono storie che portano in terre lontane o rappresentano relazioni strazianti. Non mancano crudi spaccati della realtà. Le storie degli altri muovono qualcosa in chi sente la chiamata della scrittura, ma non solo. Le narrazioni ci aiutano a incasellare stati d’animo, muovono qualcosa in noi, ci fanno crescere, anche se non sono delle esperienze concrete. Qualcosa ci insegnano, sul mondo, su ciò che desideriamo o su ciò che temiamo.
La chiamata alla scrittura è un invito a superare i nostri limiti. Sarà un’avventura piena di soddisfazioni, ma anche di difficoltà.
Con la chiamata, inizia a prendere vita un’opera, la vostra. Solo voi conoscete la chiave del vostro nuovo mondo.
Iniziate a pensarci giorno e notte.
Iniziate a tracciare le figure che lo abitano e gli scenari in cui si muovono. I personaggi vi parlano mentre li definite con pennellate sempre più vivaci. Create uno schema per la struttura del vostro libro o andate alla cieca, non importa. Annotate le idee per strada quando l’ispirazione vi coglie. Non so voi, ma a me arriva nei momenti meno opportuni, come sotto la doccia o nel dormiveglia.
Chiedete consigli ad amici oppure tacete e sorridete custodendo il vostro segreto, come se aveste una doppia vita.
È tutto eccitante, finché non arriva la prima tempesta. La spinta dell’entusiasmo si esaurisce e gli impegni quotidiani incombono. Non avete idee, vi sentite insicuri, acerbi, banali. Iniziano i primi dubbi e, guardate, io non condanno i dubbi. Ho scoperto che dietro un dubbio c’è la svolta, che a volte è questione di tempo…ma, per come sono fatta, a volte mi sembra che non ci sia proprio una soluzione. Cado nella tentazione di ignorare nuove strade rispetto al tracciato sicuro che non funziona.
Fortunatamente, si dice, “domani è un altro giorno”, e questo è solo l’inizio della storia. Perché, alla fine, credo che noi scrittori ci abituiamo a vivere sulle montagne russe della nostra creatività. Siamo sognatori e laboriosi. Pezzo dopo pezzo, un libro prende forma.
Chi non ha mai sognato di trovare il proprio libro in bella mostra nelle librerie? Ma ehi, c’è ancora molto da fare.
C’è chi ha una mano precisa e ama il momento della correzione del proprio lavoro. Scalpella come Michelangelo, togliendo le impurità della fretta, ma mantenendo la freschezza della spontaneità. C’è chi, invece, detesta confrontarsi con errori ed incoerenze, detesta riscrivere spezzoni interi e cercare la bussola per mantenere intatto il tono nell’opera, mentre la voglia inizia a spegnersi. “Può lo scritto correggersi da solo, per favore?” chiederebbero come se ordinassero un cappuccino al bar. Mentre tutto è perfetto nel reame della mente, nella realtà gli elementi appaiono goffi. “L’idea era buona, ma l’esecuzione”…si tende a dire.
Ci sono opere che, lette anni dopo, fanno sorridere. Ci credevate tantissimo all’epoca, davvero, e poi che cosa è rimasto? Le situazioni sono infantili, i personaggi risultano stereotipati. Come burattini, essi si muovono solo perché lo volevate voi. Forse ad altri non avrebbero molto da dire, ma restano ciò di cui avevate bisogno in quel momento.
Ogni scritto, corretto o incasinato, vibra di coraggio. Avete concluso qualcosa con la vostra firma. L’esigenza del cuore è compiuta. Ora inizia un nuovo capitolo della vostra storia.
Finito il vostro libro, volete dare onore a tutti i mesi che avete passato a scrivere e a correggere. Amate ogni dettaglio del vostro manoscritto e iniziate a informarvi per diventare degli “scrittori veri”. Gli scrittori pubblicati.
Togliamoci un dente. Anche se non vi conosce nessuno, siete lo stesso scrittori. Ditelo, voi siete scrittori. Bravi o mediocri, ma siete scrittori.
Questo nuovo capitolo della vostra vita non ha nulla a che vedere con l’ispirazione. Ha a che fare con un mondo nuovo in cui vi siete guadagnati un’etichetta e una pesante armatura medievale: siete diventati scrittori emergenti.
Avete trovato un editore, probabilmente piccolo, forse vi ha chiesto dei soldi, forse no. Siete felici del grande risultato, di solito il sogno finiva qui e vi vedeva felici e pieni di soldi, ma per i potenziali lettori non siete nessuno.
Aprite una pagina social o un blog e vi troverete a vedere la qualsiasi. C’è chi si propone di sponsorizzare il vostro libro a pagamento o, peggio, potreste essere voi a intasare gli sconosciuti di messaggi per avere delle recensioni. Da scrittore o scrittrice, qualcuno diventa un venditore di pesce al mercato.
Diventate quelli, tra mille altri, che hanno il “sogno nel cassetto” e che venderebbero le mutande per farselo riconoscere dagli altri. Quelli che hanno bisogno di attirare l’attenzione e strillare più forte per farsi sentire in mezzo all’orda di pesci piccoli (altro che venditori) degli scrittori emergenti.
Dicono che ci sia “più gente che scrive che gente che legge”, ma questa non è una colpa. Rende il mercato duro, forse, ma tutti hanno il diritto di provare a trovare la via nel grande mare. Sopravviverci, quello è il problema.
Forse non vi tocca, forse avete trovato da soli la strada per un grande editore. Poi ci sono coloro che sono bravissimi nel legare con le persone. Possiedono un intuito incredibile nella vendita e sanno identificare le occasioni propizie. Ma, se siete stati rintanati nelle vostre stanze finora, timorosi di pronunciare ad alta voce la parola scrittore, e battaglia sia. Non ve l’avevo detto che la chiamata sarebbe stata un invito all’avventura?
Se volete avere un editore e un pubblico, informatevi e fate tentativi. Siate scaltri. Capite cosa volete per il bene della vostra opera. Siate etici. Credete in voi stessi e voi stesse, e nelle vostre capacità. Non prendetela come questione di vita o di morte, ma, se vi arrendete subito, è un peccato. Non possiamo vivere di rimpianti. L’opera, tanto, continuerà ad avere per noi il valore che gli diamo, e questo non glielo può togliere nessuno. Potete solo guadagnarci nel provare a far conoscere a più persone il vostro libro (guadagnarci simbolicamente, almeno, non credo si guadagnino tanti soldi a fare solo gli scrittori…)
Questo è solo l’inizio della storia.
Spesso le porte restano chiuse.
A volte, all’improvviso si aprono.
Gli unici che possono abbattervi siete voi stessi.
E non abbiate paura dei giudizi. Non abbiate paura della smorfia di una persona a cui regalate il vostro libro, donateglielo col cuore, fateglielo leggere col cuore. Forse aveva solo il mal di stomaco e non gira tutto intorno a voi. Siate aperti a tutte le opportunità. Confrontatevi con altri scrittori, siate loro amici, ma senza secondi fini.
Concludo parlando dei lettori. Un gruppo mica da ridere.
Se a una sola persona sarà servito quello che avete scritto, sarà un incontro magico. Non temete i lettori, ma riservategli gratitudine. Anche se sono due (genitori esclusi). L’aspetto più incredibile è che essi metteranno del loro in ciò che leggeranno. Quell’opera che avete scritto nella vostra stanzetta non è già più vostra una volta che viene pubblicata e letta da altri, ma questo non è un male.
Se non c’eravate voi, l’opera non sarebbe mai nata.
Gli altri fruiscono dei libri anche in base alle loro esigenze ed esperienze. Non glielo si può negare, è il loro diritto, la loro voce. Il lettore o la lettrice si imbatterà nella vostra opera e deciderà cosa farne per la sua vita, o gli serve o non gli serve e passerà avanti. Se vuole fermarsi ad approfondire la conoscenza, la sua sensibilità incontrerà la vostra e, insieme, esse daranno vita a un dialogo silenzioso.
Il mondo dei giudizi non si accorda con la perfezione del cuore.
L’esigenza del cuore era già compiuta molto prima e nulla vi può togliere il giudizio altrui.
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