Come possiamo passare da una società consumistica a una più ecologica? Questa è una domanda che tanti volontari, attivisti e professionisti si pongono ogni giorno. Le loro storie ci insegnano che persone comuni possono creare un pezzetto del cambiamento.
Traiettorie sostenibili è la rubrica in formato intervista che diffonde la passione di chi porta avanti il sogno di un’umanità più rispettosa della Terra.
Nel corso della rubrica abbiamo incontrato tanti punti di vista interessanti e oggi ho l’onore di intervistare Andrea Sbarbaro. Andrea Sbarbaro nasce come psicologo e da anni si dedica con passione al volontariato per l’ambiente. Andrea è uno dei fondatori di Cittadini Sostenibili, associazione di Genova che realizza iniziative di sostenibilità ambientale e sociale.
Vi lascio scoprire il resto in questa ricchissima intervista.
Ciao Andrea, grazie per essere qui per questa intervista! Come è nato il tuo interesse per la sostenibilità e cosa ti ha spinto ad approfondire questo tema?
Ciao Marianne, grazie a te. Che bella domanda! La scintilla che ha fatto nascere il mio interesse per la sostenibilità, e prima ancora per l’ambiente è stato… un incontro!
Avevo 24 anni, ero uno studente di psicologia con le idee poco chiare sul mio futuro professionale. All’epoca mi trovavo alla fine del mio periodo di Erasmus a Valencia, in Spagna. Per pura coincidenza ho conosciuto la persona che avrebbe preso il mio posto nella stanza in cui vivevo in affitto, che aveva chiesto ospitalità in città con alcuni giorni di anticipo. È stata lei, durante una chiacchierata, ad accennare al fatto che aveva lavorato nel ramo della comunicazione per conto di Greenpeace.
Fu un’epifania per me. Fino a quel momento avevo considerato il mondo di quello che oggi chiamiamo “terzo settore” vincolato a concetti quali “volontariato” o “beneficenza”. Fare del bene, ma senza che fosse una professione.
Capire che si poteva lavorare in quell’ambito mi ispirò a tornare in Italia e prendere contatto con alcune realtà presenti a Genova, per cercare di realizzare la mia tesi magistrale con loro… cosa che non riuscii in effetti a fare, ma proprio lì iniziò il mio periodo da volontario nel gruppo locale di Greenpeace a Genova, durato circa 13 anni.
Puoi raccontarci cos’è Cittadini Sostenibili e qual è la sua missione principale?
Per me, Cittadini Sostenibili è iniziato come un progetto parallelo all’impegno di volontariato con Greenpeace di cui parlavo prima. Greenpeace lavora per campagne nazionali o internazionali, ed è davvero una forza poderosa, capace di ispirare, formare ed entusiasmare persone e comunità.
Personalmente, sentivo però di voler lavorare anche su un piano estremamente locale, “di quartiere”. Nel 2017 è nato quindi un gruppo informale creato tra amici, che ha attratto persone e volontari, ma soprattutto competenze e passione. Nel 2020, anno della pandemia, è invece nata l’associazione Cittadini Sostenibili APS, che oggi conta quasi quaranta soci e una ventina di volontari.
La missione dell’associazione è semplice: avviare sul territorio azioni e campagne legate alla sostenibilità. Cerchiamo di sensibilizzare e coinvolgere diversi tipi di “portatori di interessi” quali amministratori, aziende, enti del terzo settore, o semplici cittadini.
Quali sono le campagne o le attività attualmente in corso di Cittadini Sostenibili?
Per quanto siamo una realtà piccola, siamo estremamente produttivi… cercherò di riassumere al meglio!
Da una parte, portiamo ancora oggi con noi una serie di attività “storiche”, che ci accompagnano fin dai primi giorni. Fanno parte di queste attività i laboratori che portiamo in scuole, centri estivi o biblioteche, e anche le nostre mappe digitali. Per esempio, abbiamo realizzato una mappa degli acquisti sostenibili a Genova. La mappa riunisce gli esercenti virtuosi del territorio, ma che dà anche spunti su assicurazioni, banche, fornitori di energia elettrica. Questo progetto ha ottenuto una menzione speciale da parte di CELIVO e Confindustria Genova.
Oggi, invece, portiamo avanti diverse campagne, ovvero attività legate tra loro da uno specifico tema o obiettivo.
Sul tema dell’energia abbiamo in particolare due progetti. Grazie al progetto Liguria Rinnovabile abbiamo incontrato tecnici, aziende e amministratori, cercando di smuovere la situazione della Liguria, che è ahimè ultima Regione in Italia – secondo i dati del monitoraggio regionale GSE – per quanto riguarda la quota percentuale di energia rinnovabile prodotta pro-capite, e penultima per potenza fotovoltaica installata. E neanche a dirlo, Regione che ha mancato gli obiettivi minimi di energia rinnovabile che si era data per il decreto nazionale “Burden sharing”.
Dall’altra parte cerchiamo di limare il consenso e la “normalizzazione” attorno alle fonti fossili (carbone, petrolio, gas…) che sono tra i principali motori della crisi climatica. Grazie al progetto Stop alle pubblicità delle fonti fossili, chiediamo ai Comuni Liguri di adottare restrizioni e divieti di prodotti particolarmente inquinanti quali crociere, SUV, aerei, negli spazi pubblici quali fermate dei bus, della metro, stazioni del treno.
Guardando al passato, qual è il risultato di cui sei più orgoglioso tra quelli raggiunti dall’associazione?
Il risultato che mi ha dato più gioia è stato riuscire a regalare tre orti didattici ad altrettante scuole elementari e medie di Genova, grazie al progetto Zena Green School. Il progetto era stato interamente scritto dai docenti e il finanziamento degli orti è stato possibile solo grazie a una campagna di crowdfunding che ha visto partecipare persone ma anche bar di quartiere, teatri cittadini, negozi, professionisti del verde e altri esercenti, che hanno “regalato” un servizio o prodotto a chi effettuava una donazione.
Molti dei risultati ottenuti dalla nostra associazione sono spesso “virtuali”: un atto approvato in Comune o nei municipi, documenti e pareri tecnici, un impegno per l’ambiente firmato da candidati politici… e così via.
C’è bisogno di questi risultati, ma sono anche io umano e ogni tanto ho piacere a qualcosa che si possa “toccare con mano”. Visitare le scuole e i giardini scolastici invece è stato qualcosa di cui si può fare esperienza diretta – guardando le piante e gli attrezzi regalati. Il pensiero di aver costruito qualcosa che resisterà nel tempo, che coinvolgerà molto classi e giovanissimi bambini, dà davvero tanta motivazione.
Secondo te, come si possono coinvolgere attivamente i cittadini nelle questioni ecologiche e sociali?
Si tratta di una domanda davvero difficile, perché la risposta è a più livelli. Per me un approccio estremamente promettente è quello del nudge, o “spinta gentile” – ovvero, riuscire a cambiare il comportamento delle persone tramite cambiamenti nei loro contesti di vita, lavoro, studio, tempo libero.
Non è un “coinvolgimento attivo” nel senso stretto del termine. Per fare un esempio pratico, se un ristorante sceglie di servire acqua solo alla spina e non vende bottiglie in plastica (o in altri contenitori monouso), il risultato sarà un’efficace prevenzione di rifiuti.
Anche le persone meno sensibili all’ambiente, in quel contesto adotteranno un comportamento virtuoso, perché il contesto le supporta e al contempo previene comportamenti dannosi.
Penso che un altro elemento importante per coinvolgere le persone, affinché “capiscano” i problemi e possano toccarli con mano, è accompagnarle in esperienze dirette. Le pulizie di spazi pubblici o spiagge, ad esempio, avvicinano le persone all’ambiente e al rendersi conto del fatto che problemi quali le microplastiche, e il littering di rifiuti, siano problemi pervasivi che riguardano tutti noi. Tanti conoscenti, dopo un’esperienza del genere, portano a casa la voglia di attuare piccoli cambiamenti nella propria vita o routine.
Tuttavia, per me, il “contesto” resta il fattore più importante ed è quello in cui i cambiamenti vanno ricercati. Una persona può ad esempio tornare colma di ispirazione dopo un’esperienza quale una pulizia di spiaggia, ad esempio. Se, però, quando deve gettare la spazzatura non ha bidoni della raccolta differenziata vicini a casa, oppure se quando fa la spesa ha una sovrabbondanza di prodotti monouso sugli scaffali e nessuna alternativa riutilizzabile e duratura, oppure ancora se alla mensa aziendale o scolastica vengono serviti solo piatti poco sostenibili e nessuna alternativa vegetale, per quella persona sarà molto più difficile avere un impatto positivo sul pianeta.
Come valuti la situazione attuale della sostenibilità in Italia? Quali sono i progressi che hai notato negli ultimi anni e dove invece pensi ci sia ancora molto da fare?
Vorrei risponderti su due livelli. Il primo è quello dei dati, a cui tengo molto – perché da psicologo so che le nostre impressioni sono spesso poco oggettive e quindi inaffidabili.
Su questo versante, per capire la situazione in Italia, è di grande aiuto il rapporto L’Italia e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile che redige l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASVIS). Questo rapporto è fantastico per farsi un’idea chiara: è di facile fruizione, con grafici che mostrano il trend in Italia per ognuno dei 17 obiettivi dell’Agenda 2030.
Nonostante ci siano stati dei miglioramenti in alcuni degli indicatori nell’arco di tempo che va dal 2010 al 2023, ancora non ci siamo: l’Italia ancora soffre di troppe disuguaglianze tra regioni e territori, della carenza di una visione sistemica, e ha gravi problemi legati al contrasto della povertà. I miglioramenti che pur ci sono stati non bastano per raggiungere gli obiettivi al 2030.
Personalmente, non credo aiuti la situazione del pianeta il fatto che molti amministratori e politici in Italia hanno letteralmente fatto dell’anti-ambientalismo e dell’anti-scienza una sorta di bandiera.
Per fare gli interessi delle aziende italiane, governi hanno ritardato azioni decise, e oggi si trastullano in misure che sono specchietti per le allodole o pure provocazioni, azioni da dare in pasto a loro elettorato, per dire: “guardate come siamo cattivi con i nostri nemici”, come si faceva nell’antica Roma con le arene dei gladiatori.
Per quanto riguarda i tentativi di tutelare gli allevatori italiani, penso al tentativo di vietare la carne coltivata, che ha visto l’Italia prima al mondo. O ancora, al tentativo – fallito perché bocciato in Europa, fortunatamente – di proibire talune parole come “burger” o “latte” per etichettare alimenti di origine vegetale.
Attenzioni simili sono state riservate alle aziende che producono bioplastica monouso, il famoso “mater-bi”. Per continuare a puntare sul modello “usa-e-getta”, l’Italia ha collezionato una nuova infrazione da parte dell’UE, che chiedeva di bandire le stoviglie in plastica (sì, anche il mater-bi e molte altre stoviglie compostabili rientrano comunque nel bando europeo) e promuovere il riutilizzo e la prevenzione di rifiuti in primis.
La speranza che le cose migliorino è concreta, e va “presa”, non aspettata. C’è tantissimo lavoro da fare a livello di Comuni e Regioni, e la spinta di associazioni come Cittadini Sostenibili può aiutare a fare la differenza.
Io ringrazio Andrea per il suo punto di vista. Le associazioni e i movimenti sul territorio sono il cuore pulsante dell’azione ecologica. Se da una parte il mondo virtuale ci può aiutare a scoprire problemi e soluzioni, dall’altra è determinante agire all’interno della propria comunità. Costruire legami e reti sul territorio può fungere da catalizzatore per portare un impatto positivo.
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