Una passione, una missione, un lavoro, un passatempo…scrivere può essere tante cose. Ogni scrittrice o scrittore ha le sue abitudini: c’è chi ama la penna e chi la tastiera, chi si dedica alla sera e chi al mattino, chi scrive tutti i giorni e chi scrive fiumi di parole ogni tanto.
Io, ad esempio, sono irregolare nella mia routine, scrivo poesie di getto, correggendo pochissimo. Mi piace scrivere su carta, ma per un periodo ho scritto anche al pc. Non pianifico e mi lascio guidare dal momento in cui sorge un’emozione.
Si potrebbero scrivere libri interi sulla scrittura. E c’è chi l’ha fatto. Personalmente, mi incuriosiscono i libri in cui si trovano riflessioni e testimonianze di chi si è votato a questo mondo straordinario, un po’ perché guardo con ammirazione coloro che sono riusciti ad emergere, e poi li considero anime affini.
I protagonisti di questo articolo sono proprio due libri sulla scrittura, due saggi che hanno toccato il mio cuore, dandomi la carica e contribuendo alla nascita di nuovi spunti creativi.
Big Magic di Elizabeth Gilbert
Un manuale di creatività, ecco che cos’è Big Magic. Non fraintendetemi, non si tratta di uno di quei libri sulla scrittura pieni di regole, ed è questo il bello.
Big Magic è un testo vivace e piacevole da leggere. Si tratta del classico libro che si può portare in borsa e leggere dappertutto, sorseggiando una tazza di tè al bar o stendendo una coperta sul prato.
La lettura risulta scorrevole perché la Gilbert divide il libro in macrocapitoli, al cui interno si susseguono paragrafi brevi in un unico flusso. I titoli sono accattivanti e curiosi. Sono colloquiali, come il tono generale del saggio, come se l’autrice fosse una nostra amica e parlassimo con lei, a tu per tu sul divano, della nostra passione in comune.
Prima di affrontare i contenuti del libro, faccio un passo indietro.
Per un periodo sono stata una perfezionista nella scrittura. Metaforicamente, prendevo la lente d’ingrandimento per cercare ogni difetto…e così mi bloccavo. Ero arrivata a criticarmi a tal punto che non mi piaceva più nulla di quello che scrivevo, con il risultato che scrivere non era più divertente. Il saggio della Gilbert è arrivato nel momento giusto perché ha saputo dare concretezza al mio disagio. Il libro tratta degli ostacoli alla creatività, ovvero delle barriere mentali autoprodotte che arrivano sabotarci.
La scrittura merita sofferenza? Si chiede la Gilbert. Perchè non possiamo semplicemente divertirci facendo qualcosa per noi stessi? Perché dobbiamo sentirci non abbastanza capaci? Forse i nostri scritti non sono perfetti, ma possiamo darci il permesso di dire “chi se ne importa!“.
Si sa che noi scrittori prendiamo spesso le cose sul serio. Ci sentiamo coinvolti perché mettiamo tutto in quello che realizziamo. Lo facciamo così tanto che, se qualcuno ci critica, può capitare che ci sentiamo colpiti nel vivo. A volte, per evitare i giudizi, pensiamo che sia meglio nascondere i manoscritti e rinchiuderci in una bolla dove nessuno sa chi siamo. Vi riconoscete in questo ritratto? Allora leggete questo libro!
Tra i libri sulla scrittura, Big Magic si pone con schiettezza e al tempo stesso leggerezza. C’è la leggerezza perché rovescia i paradigmi che ci incatenano prendendoli in giro.Troviamo schiettezza perché la Gilbert dice a noi scrittori che, se sogniamo di campare solo con la scrittura, ce lo possiamo scordare (senza le menate self help come “se vuoi veramente diventare famoso, ce la farai di sicuro col potere della mente”). Poi, quello che scriviamo deve piacere in primis a noi, anche perché, se non siamo autentici, gli altri se ne accorgeranno e il testo farà schifo. Morale: se siete scrittori, nulla vi può fermare e siatene orgogliosi!
La prima frase è sempre la più difficile di Wisława Szymborska
Partiamo dall’autrice, e qui la caratura si fa certamente alta. Wisława Szymborska è una poetessa polacca e ha ricevuto il premio nobel per la letteratura nel 1996. Oltre alle raccolte di poesie, nella sua produzione letteraria troviamo un breve testo, La prima frase è sempre la più difficile.
Questo libretto contiene una riflessione estremamente pacata quanto illuminante su cosa significhi essere un poeta.
Per l’autrice, poeti e poetesse sono esseri che si muovono nel quotidiano, quasi nascondendosi, uscendo allo scoperto solo di fronte al foglio, ovvero nel momento in cui si trovano di fronte a loro stessi. Sono persone modeste che si dedicano a un lavoro silenzioso. La poesia non ha a che fare con il chiasso, non ha a che fare con le apparenze, bensì è un lavoro interiore, guidato da un impulso fortissimo: la curiosità per tutto ciò che esiste. Ecco che dunque, per la poetessa, il fulcro della poesia è fare domande per comprendere ed esprimere un mondo che continua a propagarsi misterioso all’infinito.
Si tratta di una lettura quasi filosofica, ricca di acume e sensibilità. Ogni parola del saggio è pensata con cura e si percepisce l’amore della Szymborska per l’espressione letteraria.
L’edizione italiana di Terre di Mezzo Editore è un gioiello, con la copertina cartonata e la carta spessa. Il libro alterna il testo a illustrazioni di immagini quotidiane molto semplici, ma anche simboliche, ad opera di Guido Scarabottolo.
Ci sarà una seconda parte dedicata ai libri sulla scrittura? Sono aperta a suggerimenti per nuove letture a tema!