Benvenute e benvenuti al secondo appuntamento della rubrica Traiettorie sostenibili! Questo format nasce con l’intento di scoprire i percorsi unici di chi fa della sostenibilità il proprio stile di vita, lavoro o missione. Che siano persone o aziende, tutte fanno la differenza! Traiettorie sostenibili nasce anche come spazio per approfondire i diversi ambiti di applicazione della sostenibilità.
Oggi trattiamo l’argomento della moda etica intervistando il marchio di abbigliamento Lo Spaventapasseri.
L’IMPORTANZA DI UNA MODA ETICA
L’urgenza di un’alternativa alla fast fashion si è fatta sentire particolarmente in seguito al crollo del Rana Plaza nel 2013. Il Rana Plaza era un’edificio ospitante diverse fabbriche tessili, situato a Dacca in Bangladesh. Era da tempo instabile, ma gli allarmi furono ignorati, e così una mattina venne giù con la sua mole di otto piani. Le vittime furono 1.134 e si contarono circa 2.515 feriti.
Nel Rana Plaza si producevano vestiti per grandi marchi di fast fashion occidentali, ma di strutture simili ce n’erano tante sparse in tutti i paesi in via di sviluppo. La tragedia sollevò la voce di lavoratrici e lavoratori con zero garanzie di sicurezza e di tutela sindacale. Inoltre, emerse come essi fossero obbligati a orari estenuanti per paghe bassissime.
Questo è il vero volto della delocalizzazione delle grandi compagnie: mantengono pulita la loro immagine perché non sono coinvolte in maniera diretta con gli stabilimenti, eppure traggono consapevolmente vantaggio dalla manodopera a basso prezzo dei loro fornitori.
Oltre al drammatico costo sociale, la fast fashion ha anche un costo ambientale: sostanze chimiche inquinanti, uso indiscriminato di poliestere (fibra che rilascia microplastiche in lavatrice), trasporto delle merci da un capo all’altro del globo, sovrapproduzione. L’industria della moda non può essere climate friendly se punta all’ultima tendenza e il must-have costante, creando falsi bisogni attraverso la pubblicità.
Considerati tutti questi lati negativi, negli ultimi dieci anni si è sviluppata la necessità di riorientarsi dalla quantità alla qualità, oltre che all’usato (gli swap party sono sempre di più di tendenza tra i giovani). Tanti attivisti suggeriscono di comprare meno e curare meglio abiti di modo da portarli per anni. Non solo, sarebbe meglio prediligere capi che abbiano una storia di impegno sociale e ambientale.
Le possibili direzioni per i brand sostenibili sono due:
- Localizzare la produzione: ciò significa avere maggiore conoscenza della filiera produttiva, dare lavoro ad artigiani del posto ed evitare lunghi viaggi per il trasporto dei vestiti
- Pagare in modo equo i lavoratori di paesi del Sud del mondo. Un esempio di moda fair-trade sono le collezioni di Altromercato. I lavoratori, spesso lavoratrici, sono inseriti in progetti di crescita economica e professionale, empowerment e accesso a servizi.
LO SPAVENTAPASSERI: UN ESEMPIO DI ARTIGIANATO LOCALE
Veniamo alle ospiti dell’articolo. Le referenti del marchio Lo Spaventapasseri sono Anna e Sonia. Anna disegna i cartamodelli, sceglie i tessuti, segue il lavoro di sarte e sarti, mentre Sonia si occupa dell’amministrazione, delle attività e delle vetrine. Intorno a loro gravita da tempo una rete di fidati collaboratori.
La base di lavoro è a Genova. Per quanto riguarda la scelta dei tessuti, l’approccio è libero e creativo. Infatti, i vestiti vengono realizzati con rimanenze di magazzino, fine pezza, tessuti a stock. Questo significa che le trame a disposizione possono influenzare a loro volta il risultato finale del progetto. L’idea di base è dare nuova vita a stoffe che le industrie tessili considererebbero come rifiuti. Sono utilizzati anche tessuti riciclati, interamente o in parte, tessuti biologici e stoffe a bassissimo impatto ambientale.
I capi di tutte le collezioni sono cuciti a mano nei piccoli laboratori artigianali di Genova.
Vediamo cosa ci raccontano Anna e Sonia.
Ciao Sonia, ciao Anna! Come nasce Lo Spaventapasseri?
Lo Spaventapasseri nasce quasi per gioco trent’anni fa nel centro storico di Genova, come laboratorio sartoriale e non solo.
Come definireste lo stile del vostro marchio di abbigliamento?
Il nostro stile è versatile: amiamo vestire donne di tutte le forme e di tutte le età realizzando abiti comodi e originali, per persone che non vogliono prendersi troppo sul serio.
Da cosa trae ispirazione il brand?
L’ispirazione è ovunque: ad ogni stagione ci facciamo guidare da un’idea diversa, che permea poi il disegno e il nome degli abiti, il set fotografico e i testi che accompagnano la presentazione della collezione. Per esempio, quest’inverno abbiamo giocato con il tema della “Botanologia”, associando ai nostri abiti una pianta immaginaria e un carattere.
Avete a cuore la sostenibilità e la sartorialità. Seguire questa strada è una scelta nobile ma di nicchia,
laddove il mercato è dominato da vestiti a poco prezzo. Qual è la più grande soddisfazione e qual è invece la difficoltà che riscontrate nel vostro settore?
La più grande soddisfazione è fare la nostra piccola parte per lasciare ai nostri figli un mondo vivibile. La difficoltà più grande è far quadrare i conti.
Dal vostro punto di vista, quali impegni deve mantenere un brand di abbigliamento per definirsi sostenibile?
Per noi sono molto importanti sia l’aspetto sociale che quello ambientale della sostenibilità: un brand sostenibile dovrebbe non solo utilizzare materiali ecocompatibili e processi di produzione il più possibile green, ma anche avere attenzione e cura per tutte le persone coinvolte nelle sue attività, dalle sarte, alle commesse, alle clienti.
Quali sono i prossimi obiettivi per Lo Spaventapasseri?
Diventare sempre di più un punto di riferimento per la moda e gli accessori sostenibili nella nostra città.
LA SOSTENIBILITÀ NON È UN’ETICHETTA
Lo Spaventapasseri è un esempio di brand in cui la sostenibilità influenza ogni scelta creativa, produttiva, relazionale. Si tratta di un valore di base e quindi, se viene tolto dall’equazione, il brand non esiste più. Questa scelta è ben lontana dal volere essere sostenibili per la reputazione. Purtroppo, nel caso di tanti grandi brand, la sostenibilità funge da accessorio: se la sostenibilità c’è o non c’è, poco cambia nell’assetto della grande macchina produttiva.
Riutilizzare pezzi di stoffa delle fabbriche tessili è un buon esempio di economia circolare. Lo Spaventapasseri diminuisce l’impatto ambientale creando pochi abiti con cura. Occorre tempo per creare qualcosa di unico. Il marchio non segue le tendenze del momento e diffonde uno stile personale, giocando con i colori e le texture morbide. Realizza anche scarpe vegan.
Lo Spaventapasseri ha due negozi a Genova.
- Via Luccoli 30 R, 16123
- Via Colombo 30 R, 16123
Oltre ad esporre le collezioni del marchio, i negozi vendono anche accessori di altri brand eco-sostenibili ed etici.
Trovate la lista dei rivenditori di Lo Spaventapasseri qui
Immagini pubblicate con gentile concessione di Lo Spaventapasseri
LINK:
https://www.instagram.com/lo_spaventapasseri/
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